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DAGLI USA

Dolore post-operatorio, gestibile anche senza oppiacei dopo un intervento di medicina dello sport

I pazienti sottoposti a chirurgia del ginocchio e altri tipi di procedure di medicina dello sport e trattati con un protocollo multimodale di gestione del dolore senza utilizzo di farmaci oppioidi, oppure solo a un dosaggio minimo, sono stati in grado di gestire efficacemente il dolore post-operatorio. Sono i risultati di uno studio dell’Henry Ford Hospital, pubblicato sul Journal of Arthroscopic and Related Surgery.
Un ampio studio prospettico
Scopo dello studio era determinare se il dolore post-chirurgico in seguito a comuni interventi di medicina dello sport potesse essere gestito in modo efficace con un protocollo analgesico multimodale non oppioide, basato principalmente sulla terapia antinfiammatoria non steroidea. Il protocollo consisteva in analgesici preoperatori, infiltrazioni antalgiche locali intraoperatorie e un regime postoperatorio per la gestione del dolore.

Sono stati valutati in modo prospettico 141 pazienti sottoposti, tra maggio e dicembre 2018, a un intervento chirurgico per la ricostruzione del legamento crociato anteriore, la riparazione della cuffia dei rotatori o la meniscectomia parziale artroscopica. Una settimana dopo l’intervento i pazienti hanno riportato un punteggio medio di 3,2 sulla scala visuo-analogica del dolore (VAS) e hanno richiesto in media 2,6 compresse di ossicodone.
I ricercatori hanno scoperto che il 45% dei pazienti presentava bassi livelli di dolore, gestiti efficacemente con un regime di trattamento senza oppiacei. L’unico effetto collaterale riportato dai pazienti è stata la sonnolenza. Tutti i soggetti si sono dichiarati soddisfatti di come il proprio medico avesse gestito il loro dolore post-operatorio.
Quanti facevano richiesta di oppiacei avevano maggiori probabilità di avere una storia di ansia e/o depressione (p=0,012) e riferivano punteggi più alti di dolore rispetto a quanti che non avevano bisogno di assumerli (p=0,016).
Tre sindromi da dolore cronico condividono alcuni sintomi a carico delle vie aeree superiori
I pazienti che soffrono di una sindrome da dolore cronico come la fibromialgia, la sindrome dell’intestino irritabile e la sindrome da affaticamento cronico, hanno alterazioni della voce e sintomi a carico delle vie aeree simili tra loro, ma differenti da quanti non provano dolore cronico. Sono gli esiti di una ricerca pubblicata sulla rivista JAMA Otolaryngology – Head & Neck Surgery.

«Spesso i pazienti che soffrono di una sindrome da dolore cronico (CPS) hanno cambiamenti della voce che non sono correlati ad anomalie anatomiche evidenti. Questi disturbi funzionali, per i quali esistono opzioni di trattamento, inclusa la terapia della voce, possono essere una manifestazione del loro processo patologico» ha affermato l’autore senior dello studio Simon Best della Hopkins University di Baltimora, nel Maryland.

Anche se i sintomi a carico delle vie aeree superiori e i disturbi della voce non sono criteri diagnostici per la fibromialgia, la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) o la sindrome da affaticamento cronico (CFS), «la nostra osservazione è che nella pratica clinica è comune incontrare pazienti con queste tre condizioni» hanno scritto gli autori.

Per capire se i disturbi della voce e della laringe potessero avere una manifestazione clinica simile nei pazienti con le tre sindromi, i ricercatori hanno esaminato retrospettivamente le cartelle cliniche di oltre 4.000 soggetti trattati nel 2016-2017 presso il Johns Hopkins Voice Center, 215 (5,1%) dei quali avevano almeno una CPS, mentre i restanti 4.034 hanno formato il gruppo di controllo.

 

DALL’ITALIA/EUROPA

EULAR2020

Studio AVERT-2, due sottonalisi ribadiscono efficacia sostenuta della terapia di combinazione abatacept-metotressato

Sono state presentate due sottonalisi dello studio AVERT-2 (Assessing Very Early Rheumaotid arthritis Treatment) sull’impiego di abatacept, in combinazione con MTX, in pazienti con AR all’esordio e marker di prognosi sfavorevole (tra i quali la positività agli anticorpi anti-citrullina ACPA) (1,2). Nella prima di queste analisi, è stata documentata la capacità di abatacept, somministrato sottocute a cadenza settimanale e a livello del singolo paziente, di mantenere a 40 e a 52 settimane le risposte relative ad alcuni endpoint stringenti come la remissione SDAI, il punteggio DAS28(CRP)<2,6 o la remissione booleana, come pure le risposte conseguite durante la fase di induzione del trial, della durata di 24 settimane, misurate come ACR50/70. La seconda sottonalisi, invece, ha dimostrato come il trattamento con la terapia di combinazione abatacept-MTX sia stato in grado di indurre tassi di remissione più elevati (in base all'indice SDAI) nei pazienti con punteggio di erosione (ES) basso rispetto a quelli con punteggio di erosione più elevato, fornendo maggiore protezione contro il danno radiografico futuro, rispetto a MTX da solo, nei pazienti con ES elevato.

Screening dysphagia risk in 534 older patients undergoing rehabilitation after total joint replacement. A cross-sectional study

Alessandro de SIRE et al. European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine 2020 Jun.
Le persone anziane affette da grave artrosi spesso si sottopongono a sostituzione totale dell’articolazione, con conseguente ricovero e riabilitazione. In questa fase post-acuta, possono soffrire di altri sintomi, tra cui la disfagia, definita come una disfunzione dell’apparato digerente, caratterizzata da una difficoltà oggettiva o da una sensazione di difficoltà nella deglutizione.
È considerato un problema molto impegnativo nelle persone anziane e la diagnosi precoce è fondamentale per una gestione rapida ed efficace. Tuttavia, ad oggi, mancano dati sullo screening del rischio di disfagia nei pazienti ricoverati in riabilitazione ortopedica.
Tutti i pazienti consecutivi di età ≥65 anni sono stati sottoposti a artroplastica totale dell’anca o del ginocchio, presso l’unità di riabilitazione di ortopedia “di Novara per un periodo di 24 mesi (dal 1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2019). Sono stati esclusi i pazienti con: a) diagnosi di malattie neurologiche; b) cancro faringeo o esofageo; c) carcinoma maxillo-facciale; d) tracheotomia.
Il rischio di disfagia è stato valutato attraverso lo score EAT-10. La coorte è stata divisa in due gruppi, secondo il test di deglutizione in acqua (WST), al fine di valutare le differenze in termini di diversi punteggi EAT-10.
Inoltre, sulla base del WST patologico, abbiamo i partecipanti allo studio sono stati stratificati mediante scala di deglutizione del National Outcomes Measurement System (NOMS) dell’American Speech-Language-Hearing Association al fine di valutare le differenze in termini di diversi punteggi EAT-10.
Abbiamo incluso 534 partecipanti (180 uomini, 357 donne), età media 74,8 ± 5,6 anni. Trentuno pazienti (5,8%) avevano WST patologico e 34 (6,4%) hanno riportato EAT-10 ≥3. Ci sono state differenze significative (p <0,001) tra i gruppi (WST patologico vs WST normale) in termini di tutti i punteggi totali EAT-10. EAT-10 ha riportato un'elevata specificità (96,8% se ≥3 e 98,4% se ≥4), ma una bassa sensibilità (58,1% se ≥3 e 54,8% se ≥4). EAT-10 potrebbe essere considerato uno strumento di screening utile per la disfagia negli anziani, considerata l'elevata specificità di EAT-10≥4. Il rischio di disfagia da screening dovrebbe essere raccomandato anche nei pazienti sottoposti a riabilitazione al fine di stabilire una diagnosi e una gestione precoce.

European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine

Importante risultato dell’European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine. La rivista scientifica dei fisiatri europei guadagna parecchie posizioni risultando terza nel mondo fra le riviste PRM secondo le definizioni della European Society, 15a nel settore della Riabilitazione, lasciandosi alle spalle anche riviste molto prestigiose e titolate.

Chondrocalcinosis: a morphofunctional study of crystal deposition in mechanically stressed shoulder soft tissuesMuscle, Ligaments and Tendons Journal

Chondrocalcinosis is a pathological condition characterized by the presence of calcium pyrophosphate dihydrate (CPPD) crystal deposition in the soft tissues. Even if knee articular cartilage is the most involved anatomical area, different kind of tissue and joint can be affected by this disorder.
Methods: The aim of this manuscript is to analyze at histological and ultrastructural level the crystal deposition in shoulder soft tissue subjected to mechanical stress of patients affected by CPPD disease. Moreover, the cellular behavior in the same specimens has been investigated by means of transmission electron microscopy at variable distances from crystal deposits.
Results: An interesting relationship between CPPD and cellular impairment appears in humeral articular cartilage, joint capsule and long head of biceps brachii tendon sheath, where respectively chondrocytes and fibroblasts, close to crystal deposits, reveal numerous cell damages, such as chromatin condensation, dilation of organelles or cell membrane rupture.
Conclusion: Considering that cells far to the crystals are healthy, their behavior appears to be different from that of neighboring cells, then our preliminary results suggest a possible cause-effect relationship between events.


I.S.Mu.L.T.
Italian Society of Muscles, Ligaments and Tendons

https://www.ismult.com/le-patologie-della-spalla-del-pesista-inquadramento-riabilitativo/